23/01/2012

23/01/2012

AUTONOMIA SPECIALE A RISCHIO.
Si fa un gran parlare, in tempi di vera e propria emergenza economica e sociale, delle ragioni della specialità regionale. Per Luca Antonini, costituzionalista e presidente della Commissione per l’attuazione del federalismo, definito il “guru” del federalismo, la specialità non ha più senso e le regioni speciali non hanno più motivo di esistere perchè “le motivazioni su cui i padri costituenti fondarono queste aree privilegiate del Paese oggi non sussistono più”. C’è chi ha prontamente ribattuto che le regioni speciali possono essere la punta avanzata del federalismo, non aree di privilegio, e che la potestà legislativa, la compartecipazione al gettito erariale e la qualità della spesa delle regioni speciali dovrebbero essere guardate come esempi da estendere piuttosto che come eccezioni da normalizzare.
Ma la nostra specialità non piace. Non piace paradossalmente soprattutto alle regioni del Nord, non piace al Veneto ma non piace nemmeno a livello nazionale.
Non piace a tanti i passi da gigante che la nostra piccola regione ha saputo fare. Serve a poco rispondere che la gente di qui ha saputo uscire dalla marginalità e dall’angusto recinto entro il quale le vicende storiche l’avevano rinchiusa coniugando una forte cultura della responsabilità con un solido progetto di autogoverno, dando vita ad un sistema di diffuso decentramento e di partecipazione alle scelte.
E’ questo, oggi, il tema centrale dell’agenda politica.
A nostro giudizio, però, non solo da oggi. E’ da tempo che denunciamo l’azione insufficiente della giunta guidata da Renzo Tondo, forse la sua debolezza e l’eccessiva acquiescenza nei confronti di un governo, quello guidato da Berlusconi, che doveva essere “amico” e che, invece, col senno di poi, tale non ha dimostrato di essere. Un fatto su tutti: l’accordo sulle compartecipazioni ai redditi da pensione e la mazzata dei 370 milioni richiesti alla nostra regione quale quota di compartecipazione al fondo perequativo per l’attuazione del federalismo fiscale. Un accordo che definire sbagliato è troppo poco e che abbiamo combattuto contro la protervia del governo regionale che ha continuato a giudicarlo come il miglior accordo possibile. Solo oggi, caduto Berlusconi, Tondo ha avuto il coraggio di ammettere l’errore e deciso di riaprire il tavolo di confronto con il Governo Monti per una nuova trattativa a tutto campo sui rapporti tra Stato e regione. Peccato che questo tavolo si apra nel momento più difficile, quando i nemici palesi ed occulti della nostra specialità tenteranno di rialzare la testa approfittando del momento gravissimo attraversato dal Paese e della difficoltà di difendere, su un piano nazionale, le ragioni delle autonomie differenziate.
A poco servirebbe spiegare che la nostra regione si paga la sanità con le proprie tasche, unica regione anche tra le speciali a fare un tanto. Bene ha fatto, quindi, il presidente a rispondere positivamente alla proposta di attivare un tavolo di confronto regionale per la difesa dell’Autonomia e della Specialità convenendo, quindi, sull’ indispensabilità di un’azione comune per difendere gli interessi dei nostri cittadini.

Il confronto dovrà sicuramente vertere sulla difficile situazione creata a seguito della manovra Monti che non pare rispettare, in materie decisive, le prerogative costituzionali della nostra regione.
Ma una partita giocata solo su benzina, barche e accise è debole, forse perdente. La difesa della specialità sarà concreta solo se sapremo essere innovativi e creativi. Va giocata anche e soprattutto sul governo di settori decisivi per le prospettive di futuro dei nostri giovani e sulla qualità della vita della e nostre comunità.

Riforma di province e comuni e scuola, credo, sono due temi centrali per il futuro del Friuli Venezia Giulia.
Sugli enti locali il problema dell’adeguatezza è serio e per questo va aperto un tavolo istituzionale dove Regione e Enti Locali siano protagonisti di un ridisegno complessivo del territorio che consenta un nuovo modello di sviluppo senza il quale non c’è futuro per le nostre comunità. Bisogna mettere in rete il sistema evitando riforme parziali e slegate definendo una riforma complessiva del sistema degli enti locali e dei servizi socio-sanitari assegnando valore strategico ai territori. Un progetto da fare in tempi brevi ed in grado, se effettivamente innovativo, di restituire contenuti veri e concreti alla nostra specialità.

Anche per la scuola servono riforme coerenti con il tessuto socio-economico-culturale del Friuli Venezia Giulia con una riflessione aggiuntiva sui rischi che, in una regione di piccoli Comuni come il Friuli Venezia Giulia, una pedissequa attuazione della riforma Gelmini porta con sé. Il consiglio regionale affronterà il tema nella seduta dell’1 febbraio esaminando la petizione n. 19 “Per una scuola regionale federale, autonoma nell’organizzazione, garante dei diritti della minoranza linguistica friulana.”, presentata da 1.053 cittadini della regione. Un’occasione unica per riportare la scuola al centro di una strategia di rilancio della specialità regionale. Ci aspettiamo infatti che, dopo l’approvazione unanime in commissione, anche il Consiglio dia il suo assenso ad un progetto teso a rivendicare dallo Stato maggiore autonomia nell’organizzazione della scuola pubblica in Friuli Venezia Giulia e nell’ offerta formativa perchè la scuola che vogliamo deve essere più inclusiva, fondata sulla centralità dello studente e sullo stretto rapporto con il territorio, fatto salvo il sistema nazionale di istruzione, riferimento obbligatorio sia per l’offerta formativa che per il traguardo finale rappresentato dagli esami di Stato.
Al tavolo con il governo dovremo difendere la specialità regionale rivendicando la presenza massiccia della minoranza linguistica friulana e l’applicazione rigorosa delle deroghe in questo caso previste ed il federalismo scolastico sul modello di quello sperimentato in Trentino da quasi vent’anni perchè è arrivato il momento di cambiare passo, di affrontare seriamente le sfide che abbiamo davanti aprendo l’istituzione regionale al confronto con le parti vive della nostra società. Dovremo, in altre parole, strappare norme di attuazione che ci permettano di realizzare un nuovo sistema di governance della scuola e ci venga riconosciuto, accanto a quella didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo anche l’autonomia amministrativa e finanziaria.

Se invitati, parteciperemo al tavolo convocato da Tondo con spirito costruttivo, ma mettendo in guardia sui grandi rischi che la perdita dell’autonomia e specialità regionale regione farebbe correre al Friuli Venezia Giulia. L’ autonomia e la specialità che sono ancor di più, oggi, il solo strumento a nostra disposizione per tutelare e far crescere la regione.

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