06/02/2012

06/02/2012

Abbiamo scritto nell’ultimo editoriale che la difesa ed il rilancio dell’autonomia speciale della nostra regione non si misuravano solo sulla capacità di negoziare nuove norme sulle benzine, sulle accise o sui posti barca ma che, viceversa, altri e di ben altro spessore erano i temi su cui impostare una trattativa con il Governo nazionale e misurare, così, la nostra capacità di governo strategico dell’Autonomia.
Usiamo non a sproposito il termine Autonomia con la A maiuscola perchè è proprio questo il punto di partenza e di arrivo di una rinegoziazione con il Governo Monti.
Suggerivamo a mò di esempio, una settimana fa, due fra i temi che potevano essere considerati centrali per il governo dell’Autonomia: la riforma del sistema delle autonomie locali e la scuola.

Sulla scuola un primo, importante segnale la politica regionale l’ha dato approvando all’unanimità (un solo astenuto) la Petizione popolare n. 19 concernente: “PER UNA SCUOLA REGIONALE FEDERALE, AUTONOMA NELL’ORGANIZZAZIONE, GARANTE DEI DIRITTI DELLA MINORANZA LINGUISTICA FRIULANA” promossa dal Comune di Medea e sottoscritta da oltre 1.000 cittadini (testo allegato).
E’ stato importante questo voto perchè, per la prima volta, si è affermato l’ impegno della Regione Friuli Venezia Giulia a pretendere dal Governo e dal Ministero della Pubblica Istruzione il rispetto delle leggi dello Stato, in particolare per quanto attiene alle deroghe previste, in campo scolastico, a favore della minoranza linguistica friulana. E’ sicuramente tardi per sanare la ferita arrecata nell’ultimo anno scolastico ai bambini ed alle famiglie ai quali, non applicando la legge (DPR 81e legge 482), non è stato riconosciuto il diritto di scelta della scuola. Il deciso ed inequivocabile pronunciamento del consiglio, però, fa ben sperare sull’impegno della nostra Regione a far sì che, a partire dall’anno scolastico 2012-2013, queste deroghe siano puntualmente e doverosamente applicate. Il dibattito sulla petizione, tra l’altro, ha fornito all’assemblea regionale l’occasione per approfondire il tema della scuola nella nostra regione e le ragioni stesse della sua autonomia speciale fino a condividere la richiesta allo Stato di una maggiore autonomia nell’organizzazione della scuola pubblica in Friuli Venezia Giulia e nella stessa offerta formativa. La scuola che noi vogliamo per la gente del Friuli Venezia Giulia deve essere, infatti, più inclusiva, fondata sulla centralità dello studente e sullo stretto rapporto con il territorio, fatto salvo il sistema nazionale di istruzione, riferimento obbligatorio sia per l’offerta formativa che per il traguardo finale rappresentato dagli esami di Stato. Con il voto sulla Petizione popolare il Consiglio ha inoltre condiviso l’obiettivo di spingere in direzione del federalismo scolastico, sul modello di quello sperimentato in Trentino da quasi vent’anni; un fatto positivo perchè è suonata l’ultima campanella ed è arrivato il momento di cambiare passo, di affrontare seriamente le sfide che abbiamo davanti aprendo l’istituzione regionale al confronto con le parti vive della nostra società per armonizzare i percorsi di scuola e formazione dei nostri giovani con le esigenze del mercato del lavoro e dello sviluppo economico.

Altro tema da noi indicato quale cartina di tornasole della capacità di autogoverno ed autoriforma è quello che attiene al sistema delle autonomie locali ed al non più rinviabile riassetto del nostro sistema istituzionale, in forza della potestà primaria riconosciuta al Friuli Venezia Giulia.
Un tema alquanto complesso, tra i più difficili da affrontare dovendo misurarsi con un eccesso di semplificazione da un lato e con un radicato conservatorismo presente nel sistema politico e nello stesso sistema istituzionale, anche in Friuli Venezia Giulia, dall’altro.
E’ di pochi giorni fa la giornata di mobilitazione decisa dall’UPI nazionale e regionale contro la previsione, contenuta già nelle manovre Tremonti, confermata dal Governo Monti, della cancellazione della Provincia come ente elettivo.
Un tema sul quale, da tempo, è avviata la riflessione anche in Friuli Venezia Giulia e che però, proprio per la debolezza delle attuali forze politiche e la mancanza di coraggio, stenta a decollare. Figurarsi a diventare legge!
Una giornata di mobilitazione che avrebbe dovuto sancire la forza dell’Istituzione Provincia, rafforzarne l’importanza, renderne visibile la forza rappresentativa, esaltarne il ruolo quale momento di raccordo tra Comuni e Regione.
In realtà, almeno nella nostra regione, la giornata ha offerto ai detrattori dell’ente intermedio una formidabile occasione per denunciarne l’autoreferenzialità ed il conservatorismo che, a piene mani, esprime.
Noi siamo stati e siamo convinti che occorre riconsiderare i livelli di governo, non foss’altro perchè viviamo  in un’epoca in cui alcune materie sono diventate necessariamente di competenza di organi sovranazionali come l’Unione europea. La Costituzione del 1947 ha previsto un’articolazione in Comuni, Province e Regioni ma dobbiamo chiederci se nel momento in cui aumentano i livelli di governo esterni non sia necessario ridurre quelli interni.

In più occasioni abbiamo ribadito la nostra preferenza per un “nuovo” ente intermedio, modellato sulla base delle indicazioni dei Comuni, tenuto conto della realtà socio-economica dei diversi territori. In questa direzione, già nel 2006, da forza di governo della regione, avevamo individuato un nuovo ente di area vasta, l’ASTER, quale strumento per il governo del territorio a livello sovracomunale. Una riforma rimasta a metà per responsabilità del centrodestra e del presidente Tondo che nella loro furia iconoclasta, con l’intento di cancellare l’eredità di Illy, hanno finito per buttare, con l’acqua, anche il bambino.
Per questo diciamo forte che innovare, anche in campo istituzionale, si può e si deve. Anzi, si può e si deve fare subito sulla base del principio di sussidiarietà, riducendo i livelli di governo ed agendo, da un lato, spingendo i Comuni sulla strada delle Unioni e delle gestioni associate, dall’altro, per le Province, mettendo in campo un modello quale quello sperimentato in Spagna, dove gli Enti intermedi sono gestiti dall’assemblea dei sindaci dei Comuni del territorio.
La giornata di mobilitazione delle Province si è tradotta in un sostanziale fallimento non avendo saputo proporre una piattaforma condivisa con i Comuni né, tantomeno, una proposta condivisa tra le forse politiche e sociali nei rispettivi territori. Ma è coincisa, purtroppo per l’UPI, con un deciso richiamo al Governo da parte del Presidente Napolitano che non ha esitato a parlare di “Troppe prudenze, troppa timidezza” aggiungendo che “la riforma va messa in calendario con decisione, non può essere lasciata a mezz’aria».
Giorgio Napolitano ha detto anche: “C’è molto conservatorismo e molta continuità sul problema degli assetti istituzionali. Ci sono questioni che si sono accumulate nel tempo e che ora affrontiamo con parecchio ritardo”.
Ecco, partendo dalla nostra potestà esclusiva in tema di ordinamento degli enti locali e potendoci, di conseguenza, sganciare dal carro nazionale che pare arrancare, il Friuli Venezia Giulia deve saper mettere in agenda questo tema, da subito, a maggior ragione alla vigilia di importanti elezioni, amministrative nel 2012 e regionali nel 2013. Il Presidente Tondo ha annunciato di voler chiamare i cittadini del Friuli Venezia Giulia a pronunciarsi sul tema -Province attraverso un referendum. Per parte nostra, lo sfidiamo ad andare avanti, respingendo l’attacco degli apparati di partito e sconfiggendo le spinte alla conservazione ben presenti nel PdL, nel PD e nella stessa Lega Nord.
Con un paletto ben piantato: se vogliamo valorizzare, nel quadro dell’unità della nostra regione, sia il Friuli sia Trieste la strada non può assolutamente essere quella di procedere col c.d. modello Trento-Bolzano, ovvero con l’istituzione delle Province autonome di Trieste e del Friuli o la creazione della Città Metropolitana di Trieste e della Provincia del Friuli.

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